In Italia un’impresa su cinque appartiene ai settori dell’agricoltura e della pesca. Le aziende agricole e della pesca, insieme, rappresentano oltre un decimo dell’intera ricchezza nazionale e, nel complesso, forniscono posti di lavoro per 1,1 milioni di persone.
L’industria agroalimentare è il secondo comparto industriale nazionale, per valore aggiunto prodotto.
Il sistema agroalimentare, dall’agricoltura all’industria, dal commercio ai servizi, attiva oltre il 10 % dell’intera ricchezza nazionale. Se da un lato la struttura produttiva è tra le più frammentate, per dimensione economica complessiva siamo ai vertici in Europa. Il valore aggiunto medio per ettaro coltivato è di gran lunga il più elevato ed arriva a circa il doppio della media dell’UE. L’Italia esprime quindi un modello ‘ricco’ però le sue imprese sono ‘povere’, perché questa torta viene suddivisa tra un numero ancora molto elevato di aziende agricole.
Questo è quanto dichiarato, in sintesi, nel corso dell’audizione del ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, di fronte alle Commissioni agricoltura del Parlamento. Il ministro ha anche sottolineato le quattro linee guida del governo per quanto riguarda il settore, partendo dalle politiche comunitarie e dai negoziati per la nuova Pac e la nuova Pcp, fino ad un supporto significativo alla competitività delle filiere, alla promozione del Made in Italy nel mondo ed il contrasto alla crisi del mercato, fino all’accesso delle imprese al credito ed agli strumenti finanziari. Il ministro vuole anche trovare il modo di rilanciare il Ministero, per aiutare il comparto.
Il modello italiano, a prima vista, sembra complessivamente ricco, soprattutto in relazione all’apprezzamento dei prodotti made in Italy in tutto il mondo. Tuttavia se si analizza con attenzione, si evidenzia una situazione estremamente critica.
Il ministro Catania ritiene “importante che si riconosca il valore adeguato all’attività agricola, alla relativa trasformazione e alla tutela dell’alimentazione del consumatore”, anche “definendo una normativa quadro europea in materia di relazioni contrattuali tra operatori dell’offerta e della distribuzione”.
Inoltre – continua il ministro – anche se nel quinquennio 2005-2010 l’export è cresciuto del 35 %, le aziende hanno sempre bisogno di credito e il governo, attraverso l’Ismea, si dice “direttamente impegnato per rendere accessibili alla più ampia parte delle imprese gli strumenti delle garanzie ma anche delle assicurazioni del reddito”.
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