Il Gruppo Giovani imprenditori di Confindustria ha organizzato un convegno dal titolo “Giovani, guardare lontano per vedere oltre”. Uno dei relatori è stato Enrico Giovannini, presidente dell’ISTAT, che ha raccontato lo scenario in cui si trovano ad interagire i giovani. Il quadro tracciato da Giovannini non è affatto esaltante.
Sono 2,1 milioni i giovani qualificati, con meno di trent’anni, che restano senza lavoro pur desiderosi di offrire le proprie competenze sul mercato, a beneficio dell’economia.
La cosa peggiore è che questa condizione si sta cronicizzando. Il fatto, che questa situazione non rappresenti più un semplice periodo di passaggio, è ben nota ai giovani che non riescono più a trovare un’occupazione o che non riescono a trovare un lavoro per il quale hanno studiato o si sono preparati.
Esistono casi di lavoratori, che pur avendo un lavoro stabile, versano in condizioni di disagio per il problema del demansionamento, rispetto alla propria qualifica o titolo, che è passato dal 15,4 % del 2004 al 21,1 % del 2010.
La crisi ha anche ridotto la creazione d’impresa. Nel 2000 le ditte individuali, con un titolare under-40 erano i 2/5 del totale, nel 2009 già diventate meno di 1/3.
Nel 2010, i giovani che non lavorano nè frequentano corsi di istruzione o formazione sono il 22,1 % della popolazione, con un balzo in avanti rispetto al 17,8 % di due anni prima.
Alla luce di questi dati dell’ISTAT, emerge chiaramente come la crisi abbia ricondotto i livelli di occupazione ai valori del 2000.
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