I fondi europei rappresentano un’opportunità che potrebbe essere fondamentale per le Pmi italiane, che in quessto momento di crisi si ritrovano a fare i conti con una maggiore difficoltà di accesso al credito. Questi fondi europei potrebbero contribuire a colmare qualche deficit, favorendo lo sviluppo, per esempio, delle aree svantaggiate oppure incoraggiando il reinserimento nel mondo del lavoro. Molte potrebbero essere le soluzioni ai piccoli e grandi problemi delle aziende e delle relative aree in cui operano, poichè i progetti finanziati rappresentano anche un’opportunità di sviluppo per le località ove si trovano le aziende, mediante le commesse che possono essere messe in moto, per molte nostre piccole e medie imprese.
Cosa succede se questi fondi non vengono distribuiti tra le aziende? I soldi riprendono la strada delle casse europee. A questo punto, quanto dei fondi europei riservati all’Italia viene speso, e quanto torna indietro inutilizzato? Secondo l’attività di monitoraggio esercitata dalla Ragioneria generale dello Stato (l’ultimo resoconto si riferisce al 2010) nelle regioni a Obiettivo Convergenza (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) i pagamenti sono fermi al 9,6 %, mentre in quelle a Obiettivo Competitività la quota sale al 18,8 %.
Una più recente analisi svolta dall’IFEL, la fondazione sulla finanza locale dell’ANCI, farebbe emergere alcuni dei problemi legati allo sfruttamento delle risorse comunitarie. Queste risorse vengono frammentate nella confusione tra gestione e programmazione, che si traduce nel dirottamento dei fondi comunitari su programmi poco strategici, tesi magari alla realizzazione di progetti che poco hanno a che fare con un razionale utilizzo dei fondi.
Per dimostrare queste tesi, l’IFEL spiega che i Comuni sono destinatari di quasi un quarto dei fondi FESR (Fondo europeo per lo sviluppo regionale) 2007-2013, pari a 30,6 miliardi di euro, ma per finanziare piccoli progetti risultati difficili da monitorare.
I Comuni devono realizzare ben 2.410 progetti distribuiti per 1.293 enti, e cioè un progetto ogni sei Comuni che, nelle regioni del Sud, sale al 43 % e in Calabria raggiunge la quota massima dell’89 %.
Seguire la realizzazione di ogni singolo progetto, monitorarne i relativi progressi e quindi elargire le tranches del finanziamento è molto difficoltoso. Il risultato è che il 40 % dei progetti non è neppure all’inizio. Il 43,5 % dei progetti non supera il valore dei 150 mila euro, configurando quasi la metà degli interventi come piccole operazioni che difficilmente potranno avere l’effetto di creare valore aggiunto per la realtà nella quale verranno realizzati, e che raramente riusciranno a colmare il gap di infrastrutture e di servizi pubblici, che separa fortemente i territori più ricchi da quelli più svantaggiati.
Eppure gli ambiti di intervento vanno proprio in queste direzioni. Il grosso delle risorse, il 36,2 %, dovrebbe favorire la riqualificazione di aree urbane, industriali e commerciali, il 33,3 % dovrebbe essere investito per favorire la mobilità, l’11,9 % dovrebbe servire per la salvaguardia del territorio, l’11,4 % dovrebbe essere speso per la tutela del patrimonio artistico e culturale ed il 7,2 % dovrebbe essere utilizzata per l’inclusione sociale e per l’efficienza energetica.
Il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, ammonisce sulla lentezza della realizzazione dei progetti, che può anche costare molto caro al nostro Paese. Se prima la restituzione automatica dei fondi avveniva al termine del ciclo di programmazione, ora l’Unione Europea ha imposto che i fondi inutilizzati per due anni vengano restituiti, così il ministero di Fitto ha cominciato a monitorare, attraverso un apposito comitato di sorveglianza, i fondi che stanno per scadere: l’obiettivo è evitare che non vengano spesi, e per questo è necessario che entro maggio tutte le risorse programmate nei due anni passati siano già impegnate, e che entro ottobre sia stato speso il 70% del target totale. Peccato che oltre la metà dei fondi destinati all’Italia sembri destinata a tornare all’Europa.
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