La multinazionale dei pneumatici Bridgestone ha comunicato nei giorni scorsi la chiusura dell’impianto di Modugno (Bari), che avverrà entro la fine del primo trimestre del 2014. La società giapponese ha fatto sapere di essere disposta a trattare sulla buonuscita per i 950 lavoratori dello stabilimento, ma non sulla chiusura dello stesso. Una notizia che crea parecchia preoccupazione in Puglia, già alle prese con la chiusura dell’Ilva di Taranto. Si calcola che i due stabilimenti e il loro rispettivo indotto occupino 20 mila persone, che rischiano adesso di trovarsi senza lavoro nei prossimi mesi.
Con Bridgestone va via un altro gioiello produttivo in Italia, considerato fino ad oggi un vero modello di organizzazione aziendale, visto che da venti anni qui si applicano i “contratti weekend”, ossia la possibilità concessa ai figli dei dipendenti di lavorare nel fine settimana. E anche in una fase così negativa per la domanda di gomme, a Modugno si continua a fare gli straordinari e si lavora spesso nei festivi, consentendo ai dipendenti di arrivare a mensilità di tutto rispetto.
Ma tra il 2011 e il 2012, la domanda di treni gomme è scesa del 13%, da 300 a 261 milioni, tanto che la multinazionale prevede di concentrarsi solo sul business dell’alta gamma, la cui produzione nel sito pugliese sarebbe considerata impossibile.
Il sindaco di Bari Emiliano ha minacciato di occupare lo stabilimento per protesta, ma l’azione dimostrativa potrebbe non avere alcun effetto sulle decisioni aziendali già prese. La produzione potrebbe essere trasferita a Poznan, in Polonia, ma i siti in Francia e Spagna non saranno toccati, grazie ai minori costi energetici e alla più bassa fiscalità. Un segnale allarmante, l’ennesimo, della fuga delle imprese dall’Italia.