Il testo del governo sulla riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori prevede modifiche alla prima stesura, che lo stesso esecutivo aveva presentato al Parlamento, sulla base dei risultati degli incontri tra le parti sociali. In particolare, viene ammorbidita la previsione sui licenziamenti individuali per le imprese sopra i 15 dipendenti.
Vediamo cosa cambia. Licenziamenti discriminatori: saranno considerati nulli in ogni caso, anche per le imprese fino a 15 dipendenti. Il reintegro è sempre obbligatorio. Resta tutto come oggi.
Licenziamenti disciplinari: il giudice ha facoltà di disporre il reintegro per i casi più gravi o in alternativa un’indennita fino a 24 mensilità a titolo di risarcimento in favore del lavoratore.
Licenziamenti per ragioni economiche: resta la possibilità che il giudice disponga il reintegro del lavoratore, ma solo per i casi di “manifesta insussistenza”. Per tutti gli altri casi, è prevista un’indennità tra 12 e 24 mensilità per il lavoratore. Inoltre, una norma dovrebbe sancire i casi per i quali saranno possibili i licenziamenti per ragioni oggettive, al di fuori dei quali il reintegro è possibile.
A conti fatti, rispetto alla prima più radicale bozza del governo, quella di ieri diventa un annacquamento, che va certamente incontro alle richieste della Cgil, ma si allontana da quelle delle imprese. Di fatto, la riforma del mercato del lavoro perderebbe così quella visione d’insieme, per cui da un lato i contratti in entrata sarebbero unificati e orientati verso l’adozione del modello a tempo indeterminato, dall’altro rendendo quest’ultimo più flessibile, grazie, appunto, alla modifica dell’articolo 18.
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