La notizia potrebbe essere di quelle che faranno girare la testa anche ai più distratti: in un paese governato da un ferreo regime comunista che sta scalando l’economia mondiale come la Cina, si è rischiato uno sciopero dei camionisti, che però è stato disinnescato, non senza apprensioni e imbarazzo, da un incontro tra i rappresentanti del sindacato degli autotrasportatori e le autorità cinesi.
Le agitazioni hanno anche vissuto momenti di tensione con scontri con le forze dell’ordine schierate dal regime, ma alla fine la voce dei camionisti è stata ascoltata: «Noi siamo ancora in sciopero, ma speriamo che i nostri rappresentanti raggiungano un accordo vantaggioso» dice uno degli scioperanti , seguito a ruota da un collega nella sua stessa situazione: «L’importante è guadagnare qualcosa di più, altrimenti saremo tutti costretti a vendere il camion e cambiare mestiere».
Con un’inflazione galoppante la Cina deve ora far fronte al rischio di un’ondata di rivolte sociali interne: dato che il regime ha ceduto, anche se solo parzialmente alle richieste di una categoria di lavoratori, altri settori potrebbero minacciare di entrare in sciopero per migliorare le condizioni di lavoro e per ottenere retribuzioni più alte.
La situazione è ben riassunta dal Sole24Ore: <<la nomenklatura cinese di questi tempi è preoccupata più che mai dallo spettro delle rivolte di piazza, ed è riuscita a chiudere la vertenza a tempo di record. D’altronde, non poteva andare diversamente. La ragione è semplice: per mettere veramente in crisi un regime dotato del maggiore apparato poliziesco del mondo servirebbe ben altro che qualche centinaio di camionisti.>>.
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