Per i prodotti Hi-Tech sono necessari materiali che non sono comunementi presenti in tutti i paesi, oltretutto i minerali vengono estratti con lavorazioni lunghe ed onerose. Queste materie prime, oltre essere necessarie per i prodotti, critiche per mercato e rare per l’estrazione speso sono pure contese. L’estrazione di tali materie prime per l’elettronica è alla base di conflitti sanguinari in tutto il mondo, fenomeno che una nuova iniziativa congiunta delle aziende europee e statunitensi cerca di arginarein qualche modo.
Apple, Intel ed altre aziende del settore elettronico si sono appena accordate tra loro per non acquistare più minerali che in qualche modo alimentano le guerre dell’Africa Centrale. Le aziende minerarie che forniscono i colossi dell’elettronica infatti sono ora bloccate da questo accordo, il cui obiettivo è proprio quello di limitare i sanguinosi conflitti che nascono per il controllo delle materie prime da esportare. Il blocco alle importazioni, nato da un’iniziativa di gruppi industriali sia negli USA sia un Europa, potrebbe influenzare il lavoro di circa 200.000 minatori indipendenti in Congo, e molti altri negli altri paesi africani limitrofi. Una nuova normativa richiede la tracciabilità delle materie prime e questo potrebbe aiutare il controllo delle importazioni.
Le conseguenze di questo accordo potrebbero essere molto rilevanti, ma la prima conseguenza sarà che le aziende minerarie centrafricane, trovandosi senza gli abituali clienti, ne cercheranno altri, probabilmente in Asia, quindi da subito cambierà poco. Tuttavia questa presa di posizione etica dei colossi dell’eletrtonica, che sarà ampiamente sfruttata per migliorare l’ immagine delle aziende stesse, potrebbe aiutare a diffondere una nuova consapevolezza a livello mondiale. Chissà che alla fine non ci siano davvero effetti positivi su paesi devastati dalle lotte intestine per il controllo delle materie prime da esportare, come il Congo o il Ruanda.
A lungo termine, se il progetto per la tracciatura dei minerali dovesse funzionare, non è detto che questa misura non riesca davvero servire per ridurre i conflitti, spesso portati avanti da guerriglie e locali signori della guerra più o meno indipendenti.
Questo sembrerebbe più uno scenario da fiaba che uno reale e per ora è ancora molto lontano dall’avverarsi. L’accordo è stato unicamente firmato dalle grandi aziende europee ed americane, ma mancano completamente le aziende asiatiche (pensiamo alla Cina, alla Corea ed altri paesi asiatici emergenti), che sono ancora disposte a comprare minerali come tungsteno, oro, e coltan, qualsiasi sia la loro provenienza. Secondo alcuni queste nuove limitazioni potrebbero fare più male che bene, perchè potrebbero non coadiuvare la diffusione di questo accordo etico e potrebbero stimolare la creazione di canali per il mercato nero. Probabilmente sarà già molto difficile che questi minerali “sporchi di sangue” non entrino negli Stati Uniti e in Europa per altre vie, cioè all’interno di prodotti già confezionati oppure tramite contrabbando. Non sarà certo facile creare una “certificazione etica” per l’elettronica di consumo e potrebbe essere anche lungo convincere gli utenti finali.
Questa nuova misura, nonostante tutto, segna sempre un primo passo verso il mercato etico dell’Hi-Tech, seppure ancora molto timido. È un segnale positivo: si sta cominciando a diffondere una consapevolezza, non solo tra le aziende ma anche tra le istituzioni, riguardo alle conseguenze umane del settore dell’elettronica. Forse non vedremo presto un telefono o un PC “equo-solidale”, ma cominciamo ad intravedere il sentiero.
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