Il governo Renzi potrebbe esordire il suo mandato con un aumento delle tasse sulle rendite finanziarie. Lo ha dichiarato il sottosegretario alla presidenza del consiglio e braccio destro del neo-premier, Graziano Del Rio, secondo cui chiedere 25 o 30 euro a una signora anziana che ha investito in BoT 100 mila euro non significherebbe crearle problemi di salute.
Dunque, i titoli di stato, i cui rendimenti sono oggi soggetti a un’aliquota privilegiata del 12,50%, potrebbero essere i primi nel mirino del governo Renzi, nel caso in cui si toccassero le rendite finanziarie.
Un’altra ipotesi sarebbe di aumentare le aliquote su tutti i prodotti finanziari dal 20% attuale al 23% circa, esentando dalla stangata eventualmente solo i proventi dei fondi pensioni, la cui aliquota è oggi dell’11,50%.
Il discorso di oggi di Renzi al Senato potrebbe chiarire qualcosa di più sul tema, anche se il premier ha subito voluto assicurare che non ci sarebbe in vista alcun aumento delle tasse. Così come anche la reazione degli alleati del Nuovo Centro Destra è andata in direzione opposta alle dichiarazioni di Del Rio, il quale allo stesso tempo aveva escluso l’imposizione di una tassa patrimoniale.
Ma soltanto un mese fa era stato proprio Matteo Renzi, in qualità di segretario del PD, a pungolare l’ex premier Enrico Letta, sostenendo che avrebbe dovuto incrementare la tassazione sulle rendite finanziarie al 28%, in modo da tagliare il cuneo fiscale.
Ad oggi, i titoli di stato godono di una tassazione agevolata del 12,50%, non abrogata nemmeno dal governo Monti, quando nel 2012 decise di equiparare le diverse aliquote sui prodotti finanziari al 20%.