Si aggrava la crisi in Venezuela, alle prese con un’inflazione schizzata a dicembre al 56,4% e una mancanza diffusa di beni primari, a causa dei prezzi amministrati e anche per l’impossibilità di importare svariate merci dall’estero, visto che ci sono sempre meno dollari come valuta di riserva presso la banca centrale di Caracas.
Adesso, una decisione impopolarissima, quanto necessaria, rischia di fungere da detonare per una popolazione colpita già duramente dalla crisi. Il presidente Nicolas Maduro ha proposto al suo governo di triplicare il prezzo della benzina, portandolo da 5 centesimi al gallone (circa 1 centesimo al litro) a 17 centesimi per gallone (poco più di 3 centesimi per litro).
Il Venezuela era e continuerà ad essere il paese con il prezzo della benzina più basso al mondo, ma rischia comunque sommosse popolari, visto che la misura colpirà gli automobilisti, che già oggi devono fare i conti con una scarsità di carburante in circolazione, dovuto proprio ai prezzi eccessivamente infimi imposti dal governo, che non incentivano le stazioni di servizio a vendere carburante. Al contrario, il mercato nero è fortissimo e intenso, in particolare, verso la vicina Colombia, dove il prezzo della benzina è più alto di 100 volte.
In sé, la misura rischia solo di fare schizzare ancora di più in alto il tasso d’inflazione, se non si liberalizzano tutti prezzi, stimolando l’offerta e risolvendo alla radice il problema. A ciò si aggiunge la grave crisi del bolivar, ufficialmente fissato a un cambio di 6,3 contro un dollaro USA, ma nei fatti svalutato sul mercato nero a quasi 79 contro un dollaro.