Il Fondo Monetario Internazionale ha minacciato l’Unione Europea di non partecipare al prosieguo degli aiuti in favore della Grecia, se non interverrà presto a coprire un “buco” da 3-4 miliardi nel bilancio di quest’ultima, rispetto al piano di finanziamenti da 172 miliardi.
Tale buco sarebbe stato determinato dal ritardo con cui il governo di Atene sta procedendo alle privatizzazioni, dal mancato rinnovo degli acquisti alla scadenza dei bond ellenici da parte delle banche centrali dell’Eurozona e dalla mancata corresponsione da parte di questi ultimi delle plusvalenze realizzate sui bond ellenici al governo di Atene. La minaccia di Washington suona come un duro monito verso Bruxelles e conferma le tensioni interne alla Troika per la diversa strategia nella gestione della crisi.
Ma un’altra tegola è arrivata ieri sera all’Eurogruppo nel Lussemburgo, dove i ministri finanziari hanno trovato un’intesa per la ricapitalizzazione diretta delle banche tramite l’ESM, il Fondo di salvataggio permanente, ma al contempo hanno limitato a 60 miliardi di euro la portata complessiva degli interventi possibili, con ciò rendendo il fondo stesso zoppo.
Lo scorso anno, ad esempio, per salvare le sole banche spagnole sono state necessarie risorse fino a 100 miliardi di euro, sebbene effettivamente gli aiuti non dovrebbero aver superato i 60 miliardi. In più è stato deciso che i governi nazionali debbano lo stesso compartecipare al 20% della somma necessaria, ma che gli aiuti non saranno retroattivi, con ciò impedendo ai governi di Irlanda, Belgio, Spagna e Cipro di potere usufruire del nuovo meccanismo.
Solo di qualche giorno fa il mea culpa dell’FMI, che in uno studio interno aveva rilevato diversi errori nella gestione della crisi in Grecia. Due giorni fa, poi, la richiesta di Cipro di rivedere il piano di salvataggio, considerato troppo duro.