Parla del futuro del gruppo automobilistico Fiat-Chrysler l’amministratore delegato Sergio Marchionne, all’hotel Excelsior di Venezia. Il manager afferma che il mercato automobilistico europeo potrebbe non avere ancora toccato il fondo e che sarebbe forse destinato alla ripresa solo fra tre-quattro anni. Ancora più disastroso il caso italiano, anche se ha voluto rassicurare che non sono previste chiusure di stabilimenti e che il destino dei siti produttivi italiani non sarebbe legato all’andamento delle trattative per la fusione tra la casa torinese e la controllata di Detroit. A tale proposito, Marchionne ha indicato in quello con Cnh il modello di riferimento possibile per l’integrazione con Chrysler, avendo comportato grandi benefici. E ha paventato l’ipotesi che la casa americana possa tornare al più presto ad essere quotata a Wall Street, anche se tale scenario si realizzerebbe solo successivamente all’accordo con il sindacato di Detroit, che gestisce il 41,5% della quota di Chrysler.
Fiat vorrebbe rilevare l’intera partecipazione in mano all’Uaw, ma ad oggi la disputa riguarda il prezzo delle azioni, tanto che per la valutazione del 3,3% di Chrysler su cui Torino vorrebbe esercitare subito il suo diritto di opzione, la questione è approdata alla Corte di Delaware. In realtà, da quanto stabilirà il giudice dipenderà la valutazione dell’intera partecipazione di Chrysler.
I sindacati americani, che gestiscono sia la quota che il fondo pensionistico dei lavoratori, caldeggiano la quotazione in borsa, proprio anche per monetizzare il forte aumento di valore che la quota di minoranza da loro posseduta ha ottenuto negli ultimi anni.
Solo quando un’intesa sul prezzo sarà stata raggiunta con l’Uaw, il ritorno in borsa di Chrysler sarà cosa fatta.