I dati di Confesercenti e della Cgia di Mestre confermano che siamo un paese di tartassati. Nel 2012, gli italiani hanno lavorato per pagare le tasse fino al 12 giugno, ben 162 giorni. Di questi, 26 giorni sono serviti solo per pagare le imposte locali, quando nel 1990 servivano 8 giorni per le sole quest’ultime e si lavorava per lo stato fino a maggio. E ancora dieci anni fa, i giorni lavorati solo per pagare le tasse erano 148, 14 in meno di quelli del 2012. Ma d’altronde, lo scorso anno la pressione fiscale è salita al 44%, mentre quest’anno dovrebbe crescere ancora al 44,4%. E se consideriamo il carico fiscale complessivo (tasse su lavoro, profitti e consumi), la pressione arriva al 68,3%, il doppio di Regno Unito e Spagna e molto più avanti del 46,8% registrato in Germania.
Magra consolazione solo per il fatto che il “Tax Freedom Day” scatta a luglio in Olanda, Germania, Austria e Francia, mentre in Belgio e in Ungheria, addirittura, nel mese di agosto. Ma a Malta e Cipro arrivava nel 2012 già a maggio.
Altro dato negativo per il Bel Paese: da noi servono 269 ore all’anno per adempiere agli obblighi fiscali, 2,5 volte quelle necessarie nel Regno Unito, il doppio degli stati scandinavi di Svezia, Finlandia, Danimarca e della Francia e un terzo in più del dato tedesco.
E, tuttavia, nella graduatoria Ocse per efficienza della Pubblica Amministrazione ci classifichiamo molto in basso, prendendo un 0,4%, quattro volte in meno del dato di Germania e Regno Unito.