Ieri, il Tesoro ha collocato tutti gli otto miliardi di titoli, come previsto al massimo della forchetta annunciata alla vigilia. In particolare, sono stati emessi BTp maggio 2016 per 3,5 miliardi, BTp marzo 2026 per 1,5 miliardi e CcTeu novembre 2018 indicizzato all’Euribor per 3 miliardi. Si trattava di un appuntamento atteso, dopo il forte calo alle ultime aste, in cui sono stati registrati rendimenti ai minimi da anni o, addirittura, da sempre, per le scadenze brevi. Trattandosi di scadenze medie e lunghe, era importante verificare la reazione degli investitori. Che è stata particolarmente positiva. I titoli a tre anni hanno esitato un rendimento medio lordo dell’1,92%, in calo dal precedente 2,29% di aprile. La domanda è stata di 4,675 miliardi, per un rapporto di copertura in calo dal mese scorso.
Bene anche i BTp marzo 2026, emessi al rendimento medio del 4,07%, anch’essi in calo dal 4,55% registrato a febbraio. La domanda non è stata particolarmente esaltante, pari a 2,233 miliardi, ma sufficiente ad assorbire l’offerta e con tassi in diminuzione.
Infine, i titoli quinquennali indicizzati sono stati collocati al 2,44%. Per trovare l’ultima asta di CcTeu simili bisogna risalire al marzo 2012. La domanda è stata di 4,06 miliardi.
Complessivamente, i rendimenti tutti in discesa confermano il clima di alleggerimento delle tensioni sui bond sovrani della semi-periferia, anche grazie all’abbondante liquidità in arrivo dal Giappone, dopo la svolta monetaria aggressiva della Bank of Japan, che spinge da quasi un mese gli investitori del Sol Levante ad acquistare obbligazioni europee. Da notare, tuttavia, come lo spread BTp-Bund, ieri, si sia riportato sopra quota 260 punti base per il tratto decennale, chiudendo a 262 bp, una decina di punti in più del dato di chiusura di venerdì e con il BTp a dieci anni a ridosso della soglia del 4%.