Aumenta la spesa previdenziale italiana nel 2011. Lo certifica l’Istat, secondo cui in quell’anno abbiamo speso complessivamente 265,963 miliardi di euro, il 16,85% del pil, in aumento dal 16,66% del 2010 e in crescita del 2,9% su base annua, per effetto congiunto di una riduzione di 38 mila pensionati, scesi a 16,7 milioni, e una crescita media dell’assegno del 3,2%. Ma ciò che salta maggiormente all’occhio è la forte differenza di trattamento tra pensionato e pensionato. Se mediamente ciascuno di esso ha incassato 15.957 euro all’anno (+486 euro su base annua), tuttavia, il 44,1% di loro ha ricevuto un assegno inferiore ai mille euro al mese, mentre il 13,3%, addirittura, non oltre i 500 euro mensili. Più fortunato il 23,1%, che ha incassato tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese, mentre un 32,8% ha ricevuto un importo superiore ai 1.500 euro mensili.
Disparità tra uomini e donne. I primi hanno ricevuto mediamente un assegno di 19.022 euro, le seconde di 13.228 euro. E se solo il 33,6% degli uomini ha un assegno mensile inferiore ai mille euro, la percentuale sale al 53,4% tra le donne.
Altro dato preoccupante. Su 100 lavoratori ci sono 71 pensionati, in risalita dai 70 del triennio precedente. E dal 2001 al 2006, il rapporto era sceso costantemente da 74 a 70, per stabilizzarsi. Al Sud, poi, si ha un picco di 82.
Quanto all’età dei pensionati, il 27,8% ha meno di 65 anni, il 49,2% tra i 65 e gli 80 anni e il 23% è sopra gli 80 anni.
Le pensioni di vecchiaia rappresentano il 71,6% della spesa totale, gli assegni ai superstiti il 14,7%, quelli di invalidità il 4,2%, le assistenziali il 7,9% e le indennità l’1,7%.
Infine, il 47,9% delle pensioni è erogato al Nord, il 20,5% al Centro e il 31,6% nel Mezzogiorno.
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