Il lungo consiglio di amministrazione di Telecom Italia di ieri non ha sciolto i dubbi sul futuro della compagnia, mentre si apprende che è stato varato un comitato da affiancare al presidente Franco Bernabè per le trattative da tenere con la controllata italiana dei cinesi di Hutchison Whampoa, 3 Italia. Un Bernabè sotto tutela, quindi, dopo che gli azionisti hanno espresso il loro malumore per la gestione solitaria dell’azienda. I nomi del comitato sono Julio Linares per Telefonica, Gabriele Galateri di Genola per Generali, Elio Catantia, indipendente e Luigi Zingales, sempre indipendente. Il primo scoglio che dovrà essere affrontato è la valutazione di 3 Italia, che per Marco Fossati, al 5% in Telecom, non dovrebbe essere così eccessiva, come sembrano indicare i multipli di cui si discute sulla stampa, ossia 7-8 volte il margine lordo di 264 milioni del 2012.
Ma 3 Italia porterà con sé una dote di 2,3 miliardi di euro, grazie alla norma che consentirà a Telecom, una volta effettuata la fusione, di godere di un beneficio fiscale del 27% sugli 8,6 miliardi della società oggi dei cinesi.
A sua volta, Hutchison Whampoa valuterebbe l’ingresso in Telecom fino al 29,9%, soglia massima oltre la quale scatta l’obbligo dell’Opa sulle azioni rimanenti, pagando il titolo così a 1,20 euro, il doppio dei 60 centesimi delle quotazioni attuali. Una valutazione che consentirebbe ai soci di Telco di non riportare più a bilancio alcuna ulteriore minusvalenza, dato che dopo diverse svalutazioni, essi hanno iscritto a libro un valore proprio di 1,20 euro.
Ma Telefonica, che tramite Telco (22,45%) possiede il 10,4% di Telecom, potrebbe lasciare l’azionariato, sia approfittando della possibilità di uscire senza altre perdite, sia anche per i contrasti con la gestione Bernabè. D’altronde, se i cinesi entrassero nel capitale dell’ex monopolista, diventerebbero gli azionisti di controllo, a discapito di Telco.