Si è alzato un vero polverone mediatico, dopo che il cda di Telecom Italia ha deciso di trattare in esclusiva con Urbano Cairo la cessione di La7. L’imprenditore torinese è a capo della Cairo Communication, la società di raccolta pubblicitaria, che già lavora con la settima rete e che ha stipulato con essa contratti fino al 2019, godendo di commissioni molto più alte della media di mercato. 160 milioni è l’ammontare della raccolta pubblicitaria per un canale del 3,5% di share. Dieci anni fa, La7 aveva uno share del 2% e una raccolta di appena 40 milioni.
Sono questi i dati iniziali da cui partire per giudicare l’operato di Cairo, che ora avrebbe la possibilità di gestire anche il palinsesto, alla ricerca di uno share migliore e di maggiore efficienza nella programmazione. Ma il polverone, dicevamo, si è alzato, perché Cairo lavorò fino al 1995 a Fininvest, essendo stato stretto collaboratore di Silvio Berlusconi, salvo esserne licenziato quell’anno e non avere più avuto rapporti con il Biscione.
Ma si registrano anche i primi apprezzamenti alla possibilità che sia Cairo la nuova proprietà di La7. Piero Chiambretti, torinese anche lui, ammette che sarebbe disposto a tornare, perché conoscendo il patron del Torino Calcio, questi tutelerebbe l’autonomia dei grandi nomi della rete, come Mentana, Santoro e Formigli.
E d’altronde, lo stesso Cairo spiega la sua strategia semplice al Corriere: se un programma va bene in termini di ascolti, è giusto che venga mantenuto. Semmai, punta a migliorare la fascia notturna e quella pomeridiana, ma nell’ottica di scardinamento del duopolio Rai-Mediaset.