La tassa sulle transazioni finanziarie dovrebbe prendere il via in Italia a partire dal mese di marzo. E se l’obiettivo della Commissione Europea sarebbe di introdurre la nuova tassazione non oltre il gennaio 2014 per tutti gli undici stati della cosiddetta “cooperazione rafforzata”, crescono le divisioni all’interno del gruppo dei favorevoli. Una delle previsioni non vincolanti di Bruxelles, infatti, prevede che siano tassati anche i titoli di stato, i quali, al contrario, non rientrano nel campo di applicazione della Tobin Tax all’italiana. Anche perché il governo italiano teme che i nostri BoT e BTp possano così soffrire sui mercati, fatto che evidenzia come la nuova tassa non abbia nulla a che vedere con la volontà dei governi di frenare la speculazione, bensì sarebbe un modo come un altro per fare cassa. Sempre che ci riescano.
Un criterio generale della Commissione riguarda l’applicazione della tassazione ai titoli emessi da società con sede negli stati della cooperazione, anche se negoziati al di fuori di essi e da soggetti di nazionalità diversa. Insomma, varrebbe il principio oggettivo e non soggettivo. Ad esempio, se un titolo Fiat fosse venduto presso la piazza di Londra da un investitore americano a un altro investitore russo, la Tobin Tax colpirebbe la transazione senz’altro.
Tuttavia, crescono i dubbi sulla reale fattibilità tecnica di tale previsione, tanto che i tedeschi, che pure sono stati strenui proponenti della nuova tassazione, adesso frenano sui tempi, ritenendo che potrebbero esserci diversi impedimenti tecnici alla concreta realizzazione al di fuori dei confini nazionali.
E la Germania potrebbe anche rimandare al 2016 l’entrata in vigore della Tobin, beffando così coloro che, come l’Italia, hanno immediatamente eseguito l’intesa di fine 2012.