Travolta dagli scandali Santorini, Alexandria e Nota Italia, Monte Paschi di Siena tenta il rilancio. Negli ultimi cinque anni, la dissennata gestione di Giuseppe Mussari è costata qualcosa come 11,2 miliardi di euro, tra 5 miliardi di aumento di capitale nel 2008, l’aumento di capitale da 2,15 miliardi nel 2011 e i Monti-bond per 3,9 miliardi. E in arrivo ci sarà un terzo aumento previsto di capitale da un miliardo e senza diritto di opzione per i soci. A conti fatti, la Fondazione potrebbe scendere così sotto la soglia del 25% dall’attuale 35,94%. E qualora decidesse di cedere almeno parte della sua quota per risanare i 350 milioni di debito residuo, il suo pacchetto potrebbe anche attestarsi sotto il 20%, quando due anni fa era ancora al 56%.
L’intento del nuovo corso di Alessandro Profumo sarebbe quello di trovare un socio industriale (una banca), da affiancare o anche quasi del tutto da sostituire alla Fondazione. Per questo si fanno diversi nomi, anche se difficilmente l’operazione potrà andare a buon fine, se non prima sarà stata risanata la disastrosa eredità finanziaria lasciata da Mussari.
Il piano industriale prevede il rimborso di 3 miliardi dei Monti-bond al 2016, un anno in più del previsto. Anche perché Siena ha dovuto iscrivere a bilancio nuove perdite per 730 milioni dei tre contratti derivati degli anni scorsi.
E se la Procura indaga sull’acquisizione di Antonveneta, non è già un mistero che sia stata questa operazione la madre dei mali di Rocca Salimbeni. Acquisita per 9,5 miliardi, più un miliardo di interessi, quando gli spagnoli di Santander l’avevano comprata solo qualche mese prima per 6,6 miliardi, si è rivelata un cattivo affare, gravando sui bilanci di MpS.