La Fondazione MpS potrebbe cedere anche il 10% delle azioni della banca, per ripianare il suo debito residuo da 350 milioni di euro, contratto per sostenere le ricapitalizzazioni dell’istituto negli ultimi anni. E’ probabile che la cessione avvenga quando il titolo MpS si sarà stabilizzato intorno a 35-36 centesimi di euro, per non incorrere in minusvalenze. Ma se la Fondazione, che oggi detiene il 34,95% di Siena, dovesse cedere una tale quota, tenendo presente anche l’aumento di capitale previsto per un miliardo e senza diritto di opzione, l’azionista di maggioranza potrebbe ridurre la sua quota anche sotto il 20%, allettando gli investitori nazionali e stranieri, già tentati da prezzi così bassi.
Intanto, intervistato a Radio 24, il premier Mario Monti ha escluso che l’operazione dei Monti-bond sia una nazionalizzazione della banca, anche se il Tesoro potrebbe entrare nel capitale di Siena, in caso di difficoltà. In più, ha smentito l’idea che essi siano un regalo all’istituto, perché le obbligazioni sono sottoscritte a tassi molto alti, dal 9 al 15% e prevedono, a differenza dei Tremonti-bond, la garanzia delle azioni, in cambio della mancata corresponsione della cedola.
Si scrutano, nel frattempo, le intenzioni del mercato. Si parla di un interesse di Deutsche Bank, istituto che ha già a che fare con MpS e che rientra nelle indagini sul caso “Santorini”. Ma pare che i tedeschi non agiscano a titolo personale, bensì per conto di Goldman Sachs. Così come interessati potrebbero essere gli americani di JP Morgan Chase, a loro volta rientranti nelle inchieste della Procura di Siena, relativamente all’operazione “Fresh 2008”.
Ricordiamo come Goldman Sachs, insieme a Merrill Lynch e Citigroup, coordinò il dossier sull’acquisizione di Antonveneta, origine del disastro finanziario di MpS, dato che essa avvenne a 4 miliardi di euro in più di quanto i cedenti di Santander l’avessero comprata solo qualche mese prima.