Non c’erano dubbi sull’esito dell’assemblea degli azionisti di ieri di Monte Paschi di Siena, ma l’incontro era attesissimo, cadendo nel bel mezzo di una grossa bufera finanziaria scatenatesi contro l’istituto, dopo gli scandali derivati. Erano presenti oltre 370 soci, titolari del 53,77% del capitale e la delibera sull’aumento di capitale è stata approvata dal 98,75% dei presenti, pari al 52,11% del capitale. D’altronde, a parte alcuni piccoli azionisti, tutti i grandi soci erano d’accordo. Lo erano certamente la Fondazione (34,95%), Axa (4%), Aleotti (4%), Unicoop Firenze (2,7%), JP Morgan (2%), Lorenzo Gorgoni (1,7%).
L’aumento è solo probabile, una garanzia in favore del Tesoro, al fine di consentire alla banca di emettere Monti-bond per 3,9 miliardi, a parziale sostituzione anche degli 1,9 miliardi di Tremonti-bond emessi nel 2009.
Il titolo ieri ha fatto un balzo dell’11% a Piazza Affari, sia come risposta all’esito dell’assemblea, sia più forse per il recupero tecnico, dopo il tonfo del 20% circa nelle precedenti tre sedute.
Lo scenario resta molto mobile a livello azionario, con circa il 13% del capitale passato di mano solo nell’ultima seduta. Segno che molti vendono e altrettanti acquistano. Per ora ad impedire una scalata c’è quella regola statutaria che limita al 4% il diritto di voto in assemblea, anche se si ha una quota maggiore. Ma potrebbe essere rimossa, anche per agevolare la cessione di un’ulteriore fetta di capitale da parte della Fondazione, la quale deve ripianare così il suo debito da 350 milioni.
Per evitare grosse minusvalenze, l’azionista di maggioranza dovrebbe vendere solo quando il titolo rivedrà quota 0,30 euro. A quei prezzi, dovrebbe cedere circa il 12%, scendendo così a circa il 23-24%, restando in ogni caso e di gran lunga il socio di maggioranza.