L’Ocse sta preparando una relazione contro la cosiddetta “ottimizzazione fiscale”, praticata abitualmente dai grandi colossi societari nel mondo. L’Organizzazione con sede a Parigi presenterà le sue proposte al G20 delle finanze a Mosca del prossimo 14-15 febbraio. In quell’occasione, le venti economie più grandi del pianeta potrebbero adottare una politica di intenti, che rappresenterebbe una rivoluzione nel panorama della tassazione globale. In quell’assise, infatti, non sono rappresentati quei piccoli stati che fanno molto uso del dumping fiscale e che non potranno, quindi, fare sentire la loro voce.
Gli USA di Barack Obama sono d’accordo con l’Europa: bisogna trovare un modo per tassare la produzione della ricchezza laddove avviene, evitando che la creazione di scatole vuote porti a sfuggire al fisco occidentale.
Tra i casi più clamorosi, oggetto di attenzione dei governi UE e della stessa Commissione di Bruxelles, ci sono Google e Amazon. Il primo, ad esempio, tramite una triangolazione fiscale, paga alle casse statali occidentali appena il 4% del monte-imposte. In un’audizione al Parlamento di Londra di questo autunno si è appreso che Mountain View pagherebbe al fisco di Sua Maestà non oltre 8 milioni di euro su circa 8 miliardi di ricavi ivi prodotti.
Sarebbero due le proposte più interessanti dell’Ocse: divieto di creare società fittizie, intestatarie di attività prodotte nello specifico da altre al solo scopo di sfuggire al pagamento delle tasse in uno stato. In più, non sarebbe più permessa la cosiddetta doppia veste societaria. Ad esempio, per il fisco americano Google Europa paga le tasse a Dublino, in Irlanda, mentre per l’Irlanda Google Europa paga le tasse alle Bermuda, a causa della creazione di società gemelle. E il caso riguarda evidentemente un pò tutti i colossi aziendali nel mondo. I quali, causa ristrettezze dei bilanci statali, sono ora nel mirino dei governi occidentali.