Brutta figura per il Comune e la Provincia di Milano. La loro controllata pubblica di gestione degli scali aeroportuali di Linate e Malpensa, Sea, si è vista costretta ieri ad annunciare il ritiro del listing, la quotazione a Piazza Affari, che sarebbe avvenuta il prossimo 6 dicembre. La holding ha gettato la spugna per mancanza di investitori. Si tratta forse del più duro colpo d’immagine al panorama finanziario italiano degli ultimi anni e i responsabili di questo disastro sarebbero parecchi.
Esce vincitore, almeno apparente, il fondo F2i di Vito Gamberale, socio del 29,75% in Sea, che sin dall’inizio si era opposto alla quotazione in borsa per via del prezzo di emissione delle azioni (tra 3,2 e 4,3 euro), giudicato basso, in rapporto al valore di carico in bilancio. F2i ha così evitato di subire pesanti minusvalenze, dato che aveva acquisito la quota solo un anno fa e avrebbe dovuto svalutarla fino a 150 milioni, in caso di quotazioni a tali valori. Il socio privato aveva invitato la giunta di Milano a considerare l’ammissione in borsa per tempi migliori, aspettando una ripresa del mercato.
Lo scontro Comune-F2i ha influito sul flop dell’operazione, tanto che ora la giunta Pisapia medita un’azione legale contro Gamberale, il quale avrebbe danneggiato il buon esito dell’operazione con una campagna di stampa contro.
In realtà, Milano aveva sbagliato i tempi e i modi del listing. Per quanto bassa, la capitalizzazione complessiva di Sea sarebbe stata all’altezza di aeroporti come quello di Parigi o Francoforte, il che non è nella realtà. E con il 48% circa di capitale ancora nelle mani del socio pubblico post-listing si era già detto da subito che sarebbe stato difficile trovare investitori privati, che avrebbero accettato di metterci solo i soldi, senza gestire di fatto la società.
Bruttissima pagina per l’Italia. Un colpo al cuore del sistema finanziario da parte di amministrazioni evidentemente incompetenti.