Dopo il fallimento delle trattative per formare un nuovo governo, il presidente Karolos Papoulias ha indetto nuove elezioni, la cui data sarà comunicata oggi. Si parla del 10 o del 17 giugno.
E così, dopo appena un mese, dopo le urne del 6 maggio scorso, i greci sono chiamati a rinnovare il Parlamento, mentre la prospettiva di un’avanzata ancora più forte dei partiti anti-UE si fa sempre più concreta.
Non essendoci intesa sulle misure da 11,5 miliardi di euro che il Paese si era impegnato ad attuare entro giugno, sotto il governo tecnico di Lucas Papademos, la Grecia rischia di non ricevere più aiuti dall’Europa e al contempo di restare con le casse statali vuote. Secondo i calcoli dello stesso premier uscente, ci sarebbero in cassa solo 2,5 miliardi, in grado per pagare le spese fino alla fine di maggio o poco più. Dopo potrebbe essere necessario annunciare il default.
E mentre si avvicina l’ipotesi di una bancarotta incontrollata e violenta, prende corpo anche l’ipotesi che Atene esca dall’euro, per tornare alla dracma. Si potrebbe trattare di questione di giorni, anche se lo scenario è così inquietante, che già ieri sera, alla comunicazione che il Paese sarebbe tornato alle urne, le borse del Vecchio Continente sono precipitate.
Nel caso sempre più probabile che la Grecia lasciasse l’euro, si ipotizza una svalutazione della valuta nazionale tra il 40 e il 70%, rispetto al tasso di cambio dracma/euro del 2004. E queste nel giro di poche ore. Inevitabile sarebbe l’assalto alle banche, con la possibilità che il governo sia costretto a razionare i prelievi quotidiani.
Si calcola poi che il pil potrebbe crollare del 20%, mentre l’inflazione salirebbe al 20%. Ovviamente, il Paese non sarebbe in grado di rifinanziarsi sul mercato, ma non avrebbe nemmeno accesso agli aiuti europei. Questo implicherebbe che lo stato potrebbe spendere solo quanto riesce a incassare. Uno scenario da incubo, che non lascerebbe indenne neppure l’Italia.
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