Con una decisione che ha spiazzato gran parte degli osservatori stranieri, il governo cinese ha annunciato nel fine settimana che a partire da oggi, lo yuan potrà oscillare quotidianamente dell’1% contro il dollaro, in aumento, rispetto alla banda di oscillazione dello 0,5%, prevista dal 2007.
In sostanza, la decisione rappresenta un timido segnale di concessione alle economie occidentali per una maggiore rivalutazione della valuta asiatica, accusata di essere eccessivamente sottovalutata, in modo da favorire l’esportazione delle merci cinesi.
Lo yuan non è soggetto al libero mercato, ma è fissato a un valore di parità con il dollaro, potendo oscillare quotidianamente all’insù o verso il basso dello 0,5%.
Il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, ha espresso apprezzamento verso l’ultima mossa di Pechino, sostenendo che si tratti di un impegno concreto che va nella direzione di affidare il cambio maggiormente alle forze del libero mercato.
Secondo gli osservatori, la misura sarebbe il frutto della vittoria dell’ala riformatrice del partito comunista e potrebbe suggerire ulteriori aperture prossime. Si pensi, ad esempio, che solo qualche giorno fa, con la pubblicazione dei dati del pil del primo trimestre, cresciuto “solo” dell’8,1% su base annua, molti avevano ritenuto che ciò avrebbe allontanato la prospettiva di una rivalutazione del tasso di cambio.
In realtà, la decisione che entra in vigore oggi avrà il merito di attutire l’inflazione interna, tramite il canale estero, ponendo un freno all’ingresso di quella enorme massa monetaria, che sta alla base della crescita vertiginosa dei prezzi e che Pechino vorrebbe tenere sotto controllo.
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