Il differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi, che fungono da “benchmark”, chiamato anche spread, si attesta in questi giorni sui 330 punti base, dopo che un paio di settimane fa si era scesi fin sotto i 270 punti base sul comparto decennale . Ad oggi, quindi, un BTp a dieci anni rende intorno al 5,1% contro l’1,8-1,9% di un pari Bund tedesco.
Se guardiamo all’andamento degli ultimi cinque mesi, da quando è arrivato al governo Mario Monti, notiamo come lo spread decennale si sia ristretto mediamente di oltre 200 punti base, il ché è certamente un successo. Molto meglio, in realtà, è andato alle aste dei titoli di stato, dove il nuovo debito è stato emesso a rendimenti pre-crisi sulle scadenze brevi e fortemente ridimensionati anche sul comparto a medio-lungo termine.
Quasi il 5%, ad esempio, la riduzione dei tassi per un BoT a un anno, tanto da fare parlare di ritorno a rendimenti normali. Tuttavia, preoccupa la risalita delle ultime sedute, che interrompe la discesa virtuosa degli ultimi mesi, che era stata lenta, ma costante.
In particolare, ciò che crea qualche timore è la paventata fine dell’effetto Ltro, ossia delle aste BCE, con le quali Francoforte ha distribuito liquidità complessiva per 1000 miliardi tra fine dicembre e inizio marzo, al tasso ridotto dell’1%. Denaro fresco andato alle banche, che sarebbe servito per sostenere la domanda di bond pubblici, ma che per altri analisti avrebbe “ex ante” innescato un meccanismo virtuoso, in quanto gli istituti, per accaparrarsi liquidità a basso costo, avrebbero acquistato titoli di stato italiani, in modo da presentarsi a Francoforte con un collaterale come garanzia.
Ma se è vero che non si attendono nuove aste Ltro, è altrettanto plausibile che il meccanismo virtuoso di cui dicevamo rischi di essere cessato. Resterebbe solo l’“effetto Monti”, di cui però non si vede traccia.
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