Alle ore 21 di stasera scade il termine offerto dalla Repubblica Ellenica per aderire all’operazione di concambio (“swap”) tra vecchi titoli di stato in possesso degli investitori privati (istituzionali e retail) e titoli di nuova emissione. Si tratta di scambiare ogni mille euro precedenti con nuovi bond dal valore nominale complessivo di 465 euro.
Il governo greco ha già fatto sapere che nel caso non aderissero tanti obbligazionisti, per un capitale totale detenuto di almeno il 90%, si riserva di potere rioffrire lo swap, se tale percentuale di adesione fosse non inferiore al 75%. Se la percentuale fosse ritenuta bassa, il concambio non avverrebbe e a quel punto scatterebbe il default.
Tuttavia, dai dati informali che si avevano ieri sera, pare che tra il 40% e il 66% del capitale sia stato offerto in adesione. Inoltre, il 90% dei bond dei 206 miliardi oggetto dell’operazione è stato emesso sotto la legge greca e per effetto di una normativa approvata lo scorso 23 febbraio, lo stato greco potrebbe imporre anche a chi non ha aderito all’offerta il concambio.
Ma il 10% dei bond, pari a circa 21 miliardi, è stato emesso sotto la legge inglese o internazionale. Anche in questo caso, però, qualora aderiranno almeno i due terzi degli obbligazionisti, si potrebbe costringere il resto della platea ad aderire. Tuttavia, così facendo, la minoranza avrebbe la possibilità di adire l’Isda (International Swaps and Derivates Association), la quale potrebbe riconoscere tale obbligo di accettazione quale un “grilled event”, facendo scattare il pagamento dei cds, i titoli assicurativi sul rischio default.
D’altronde, è chiaro che gli obbligazionisti che si sono tutelati dal rischio bancarotta non hanno alcuna convenienza ad accettare i termini (peggiorativi) dello swap. Per questo, ancora per alcune ore saranno tante le incognite.
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