Mentre non esiste ancora una data di convocazione ufficiale per le trattative tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro, continua la polemica intorno al nodo centrale delle risorse da destinare agli ammortizzatori sociali. Domenica, i sindacati confederali erano insieme in piazza a Roma, per la manifestazione in favore dei lavoratori dell’edilizia.
Tutti e tre i leader nazionali hanno polemizzato con il ministro Elsa Fornero e l’intero governo, a causa dell’assenza di voci concrete per reperire le risorse che andranno a rinfoltire gli ammortizzatori in favore dei lavoratori che perdono il lavoro. Infatti, nell’impostazione del ministro del Welfare, bisogna incrementare la flessibilità in uscita, in modo da attirare investimenti e creare maggiore occupazione.
In cambio, i contratti di ingresso sarebbero a tempo indeterminato, tranne poche eccezioni, in modo da evitare che la flessibilità del lavoro si trasformi in precarietà. A fronte di una maggiore probabilità di essere licenziati (si parla di sospendere l’articolo 18 per i primi tre anni di assunzione in azienda), lo stato estenderebbe a tutti i 12 milioni di lavoratori le tutele oggi beneficiate solo da non oltre 4 milioni.
Ma i nuovi sussidi di disoccupazione comporterebbero costi aggiuntivi a carico dello stato, mentre l’allargamento della cassa integrazione ordinaria dovrebbe essere a costo zero, in quanto sarebbe fruita su meccanismi puramente assicurativi, ossia sulla base dei contributi versati.
Il governo sostiene che bisognerà trovare almeno 1-2 miliardi, che i sindacati chiedono di individuare subito e in assenza dei quali non sono disposti a discutere, perché la trattativa verterebbe sul nulla. E se il segretario Cgil, Susanna Camusso, propone di tassare i patrimoni o di tagliare la spesa dei ministeri, il segretario Cisl, Raffaele Bonanni, chiede che si utilizzino parte delle molte risorse sottratte con l’ultima riforma delle pensioni.
Puoi votare l'articolo anche qui, gli articoli precedenti qui.