La decisione è stata presa: l’Onu ha deciso di congelare i beni di Gheddafi e della sua famiglia. La Svizzera e la Gran Bretagna hanno già applicato le direttive delle Nazioni Unite. L’Italia si trova in una situazione delicata visto che i fondi libici posseggono il 2% di Finmeccanica, l’1-2% di Eni e il 7,5% di Unicredit.
In pratica la Libia è il primo azionista dell’istituto di piazza Cordusio (Unicredit), attraverso la Banca Centrale (4,99%) e la Libyan Investment Authority (2,07%). La questione è complicata visto che non è ancora chiaro se le partecipazioni azionarie saranno colpite dalle sanzioni o se queste riguarderanno soltanto i beni personali del Colonnello.
“Le sanzioni dell’Onu riguardano gli Stati e non le singole aziende e noi non abbiamo ancora ricevuto nessuna indicazione”, spiega una fonte interna alla banca milanese aggiungendo che è “impossibile la vendita del pacchetto in mano ai libici. E’ più probabile che questo venga congelato (non si può vendere né acquistare) in attesa che la situazione in Libia si stabilizzi”. Il Ceo di Unicredit, Federico Ghizzoni, sabato all’Assiom Forex di Verona ha dichiarato che “non ci sono preoccupazioni per la banca”. Più allarmista il presidente di Caritorino Andrea Comba, che controlla il 3,32% della banca: “aspettiamo ma qualche rischio per la partecipazione c’è”.
Senza contare che Farhad Omar Bengdara, governatore della Banca centrale libica e membro del Cda di Unicredit, risulta irreperibile da quando è scoppiata la rivolta anti Gheddafi. Insomma la situazione è molto delicata e i riflessi si sono fatti subito sentire in Borsa, dove il titolo dell’istituto di piazza Cordusio cede l’1,39% a 1,848 euro. In attesa di sviluppi anche Eni e Finmeccanica, che in Libia vantano importanti accordi commerciali e di fornitura. Il colosso petrolifero ha già dimezzato la sua produzione di greggio nel Paese nordafricano, passata a 120 mila barili al giorno dai precedenti 280 mila barili, e ha chiuso il gasdotto Greenstream, che trasporta il 10% del gas consumato in Italia.
Per quanto riguarda Finmeccanica, il presidente Guarguaglini ha provato a fare chiarezza durante il fine settimana sottolineando che gli ordini in portafoglio derivanti dalla Libia sono pari a oltre 1 miliardo di euro (2% del portafoglio) acquisiti negli ultimi 2 anni. Il budget 2010-2014, invece, include ordini per soli 700 milioni di euro, un valore decisamente inferiore al potenziale indicato nella presentazione dello scorso novembre (3,5 miliardi fino al 2014). Guarguaglini si è detto “fiducioso” che qualunque sia il futuro governo in Libia avrà comunque bisogno dei prodotti Finmeccanica.
fonte Finanza.com
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