Fiat ha annunciato che tutti i contratti di lavoro attualmente in vigore saranno annullati, con effetto dall’1 gennaio 2012. Nel comunicare la decisione, la società ha chiesto un incontro con i sindacati, al fine di trovare un’intesa su un nuovo accordo valido per tutti gli stabilimenti italiani.
Durissima la reazione di Fiom-Cgil, che annuncia azioni legali e parla di volontà destabilizzante, volta ad escluderli dalla contrattazione. Più pacate le posizioni degli altri sindacati, Fim e Uilm, che chiedono un confronto con Fiat, per applicare un contratto unico e valido in tutti i suoi stabilimenti italiani. Farina (Fim) chiede esplicitamente l’estensione del modello di Pomigliano, che garantisce flessibilità ed efficienza.
L’annuncio aziendale non era del tutto inatteso, dopo che l’ad Sergio Marchionne aveva in estate proclamato la fuoriuscita della società da Confindustria, proprio a causa del dissenso sulle relazioni industriali e sulle regole della contrattazione.
L’accordo di Pomigliano, sottoscritto da tutti i sindacati, ad eccezione di Fiom, lo scorso 29 dicembre 2010, prevede l’aumento dei turni da 10 a 18 settimanali, fino a 120 ore di straordinario comandato, la riduzione della pausa pranzo di 10 minuti e retribuiti, la possibilità per l’azienda di non corrispondere la retribuzione nel caso di malattia, quando si riscontrassero picchi di assenze sospette, esclusione dalla contrattazione delle Rsa che non sottoscrivono l’accordo, aumento dei minimi tabellari di 30 euro al mese e un maggiore legame tra salario e produttività.
Il “nuovo corso” Fiat potrebbe già rappresentare una prima grana per il governo Monti, sostenuto anche dal PD, quest’ultimo oggetto di pressioni ora da parte della Cgil, che vorrebbe anche un intervento dell’esecutivo, per impedire l’annullamento unilaterale dei contratti sottoscritti.
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