Anche in un anno orribile, come si sta delineando essere il 2011, il neo-gigante asiatico cinese archivierà questo esercizio con un attivo della bilancia commerciale per 150 miliardi di dollari.
Lo ha reso noto il ministro per il commercio di Pechino, che ci tiene a sottolineare, tuttavia, come la tendenza sia a una frenata sia dell’export che dell’import, a causa della crisi economica internazionale, che colpisce particolarmente Europa e USA, ossia i maggiori mercati di sbocco delle merci asiatiche.
Se nei primi mesi dell’anno, la Cina aveva esitato il suo primo deficit commerciale degli ultimi sette anni, la sterzata l’ha data il mese di aprile, che con un surplus di 11,4 miliardi, sopra le attese degli analisti, ha impresso una svolta, che si sta confermando per tutto il resto dell’anno.
C’è la tendenza delle importazioni a crescere a ritmi più alti delle esportazioni, ma il divario è ancora molto alto nei livelli iniziali e si stima che per raggiungere il pareggio nei saldi, bisognerebbe che la Cina acquistasse merci dall’estero a un ritmo doppio di quello con cui le esporta, per alcuni anni.
Certo, la situazione di un eccesso di liquidità provocato proprio da un costante surplus commerciale crea da mesi allarme a Pechino, tanto che si sono avviate politiche monetarie restrittive, con aumenti di tassi e dei coefficienti di riserva obbligatoria delle banche.
Non ultimo, anche lo yuan è stato parzialmente rivalutato, al fine di contenere l’inflazione, che a luglio si attestava al 6,5%, ma che ad ottobre era già al 5,5%, confermando il trend positivo in discesa.
Pertanto, difficile che la Cina interrompa le strette monetarie, addirittura, dando vita a una politica di riduzione dei tassi, stando ai livelli attuali di crescita dei prezzi. Ciò potrebbe essere fatto solo con una rivalutazione decisa della valuta, che non sembra essere nei piani del governo.
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