Era un fatto atteso, ma i pronostici solo di qualche ora prima avevano fatto dubitare persino della possibilità di giungere a un’intesa di massima. Invece, ieri, i capi di stato e di governo dell’Unione Europea hanno trovato un accordo complessivo, che mette una parola definitiva almeno sulla questione greca. Atene riceverà nuovi aiuti per 130 miliardi di euro e il valore di rimborso alla scadenza dei suoi bond verrà tagliato del 50%, per consentirle di raggiungere un rapporto tra debito e pil entro il 120%, da qui al 2020.
Dunque, le banche dovranno caricarsi di quasi il 30% in più di perdite sui titoli ellenici con scadenza fino al 2020 (già era previsto un “haircut” del 21%), ma in cambio i 90 istituti di credito sottoposti a luglio allo stress test avranno la possibilità di ricapitalizzarsi per un valore complessivo di 106 miliardi, al fine di raggiungere l’obiettivo minimo di un Core Tier 1 al 9%.
Esse dovranno prima fare fronte con capitali propri. Solo se questi risulteranno insufficienti e difficili da reperire sul mercato, potranno chiedere aiuti pubblici agli stati nazionali e, come ultima istanza, fare riferimento all’Efsf, il Fondo europeo di salvataggio. Per le banche italiane, lo sforzo vale 14,7 miliardi. I titoli di stato in loro possesso dovranno essere calcolati sulla base del valore di mercato al 30 settembre 2011.
L’Efsf sarà irrobustito, passando dai 220 miliardi attuali (ma era già stato previsto un aumento a 440 miliardi) a 1000 miliardi. Ciò non avverrà con maggiori contributi a carico degli stati nazionali, bensì attraverso un effetto assicurativo, nonchè attingendo a possibili partecipazioni “esterne”, come quelle di Cina e Fondo Monetario Internazionale.
Plauso, infine, al piano di crescita e risanamento presentato dall’Italia. Adesso, si guarda con attenzione alla sua attuazione, a partire dalla riforma del sistema previdenziale.
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