Ci sarebbe un’intesa di massima tra il PDL e la Lega Nord sulla riforma delle pensioni, che l’Europa ha chiesto all’Italia, quale segnale di tenuta del bilancio nel medio-lungo termine. E’ lo stesso ministro Mariastella Gelmini ad affermare che la base di partenza sarebbe l’innalzamento graduale dell’età pensionabile per la vecchiaia a 67 anni, dal 2012 al 2025.
Non sarebbe, in realtà, uno sconvolgimento, dato che già oggi un uomo può andare “effettivamente” in pensione a 66 anni e un mese e dall’anno prossimo a 66 anni e quattro mesi (vale anche per le donne del pubblico impiego, a partire dal prossimo anno), per effetto delle finestre di uscita e dell’adeguamento dell’età pensionabile alla durata media della vita, un’ipocrisia all’italiana che maschera un aumento automatico di tre mesi per andare in pensione, ogni cinque anni.
La vera novità riguarderebbe le donne del settore privato, che oggi possono ancora andare in pensione a 60 anni (61 anni e un mese effettivi). L’innalzamento della loro età richiesta sarebbe, dunque, di sette anni e se fossero mantenute le finestre attuali e il discorso dell’adeguamento automatico, andrebbero in pensione a 68 e mezzo circa.
In realtà, l’accordo non tocca il vero grande problema del sistema previdenziale italiano, che seppur stabile, prevede alcune iniquità, nonchè incongruenze, consentendo, ad esempio, a chi ha 40 anni di contributi, di maturare il diritto alla pensione a prescindere dall’età. Per cui, in teoria, anche una persona di 55 anni può ancora oggi andare in pensione (di anzianità), restando a carico del sistema previdenziale anche oltre trenta anni.
Sul capitolo delle pensioni di anzianità si tratta ad oltranza, ma i margini sarebbero molto stretti, per via dello stop della Lega. L’ipotesi sarebbe di arrivare entro il 2015 a quota 100 (64 anni di età + 36 anni di contributi o 65 anni di età + 35 anni di contributi).
Il paradosso di questa possibile riforma è che chi già oggi va dopo in pensione potrebbe vedersi allontanato il traguardo dell’uscita dal lavoro, mentre un nutrito gruppo di lavoratori continuerebbe a maturare il diritto anche prima dei 60 anni.
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