Entro le prossime 48 ore, il Consiglio dei ministri potrebbe varare il tanto atteso Decreto per lo Sviluppo, di cui si discute da mesi senza alcun fatto concreto.
I ritardi dell’Italia sul fronte delle misure sulla crescita hanno irritato i partner europei e sono diventati ieri la foglia di fico per coprire il totale senso di impotenza e smarrimento della leadership franco-tedesca, che ancora una volta non ha esitato alcuna proposta definitiva sulla soluzione alla crisi debitoria dell’Eurozona.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha messo l’Italia sullo stesso piano della Grecia per affidabilità. Uno smacco, forse più dovuto all’irritazione dell’Eliseo per le mancate dimissioni di Bini Smaghi dal board della BCE. Tuttavia, il premier Berlusconi ha annunciato che saranno varate misure che vanno nella direzione delle liberalizzazioni, delle privatizzazioni di asset pubblici e sostegno alla crescita, anche ricorrendo a risorse da ricavare dal comparto pensionistico.
Per questo motivo, sono oggetto di studio riforme sulle pensioni di anzianità, con buona pace della Lega Nord, che si è sempre opposta a tali interventi. Il tutto, per attuare sostegni concreti per la crescita, ma non a costo zero.
E se l’Italia può essere rimproverata di muoversi poco e lentamente, in Europa vige uno stato di impasse imbarazzante. L’unico dato certo è che serviranno 108 miliardi di euro per ricapitalizzare le banche dell’Eurozona. I meccanismi per farlo sono oggetto di scontro tra Francia e Germania e non si trova un accordo nemmeno sull’utilizzo dell’Efsf, il Fondo europeo di salvataggio, che Parigi vorrebbe utilizzare come una banca, per evitare un disastro del proprio sistema creditizio.
Anche una ulteriore decurtazione del valore nominale dei bond ellenici (si pensa di innalzarla dal 21% al 60%) potrebbe impattare molto negativamente sulle banche francesi, per cui veti incrociati tra Francia e Germania impediscono qualsiasi soluzione.
Per questo, l’Italia sta diventando il capro espiatorio anche di responsabilità altrui. Sarkozy ha, tuttavia, ben poco da ridere. Il declassamento del rating del debito francese è questione di tempo.
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