Il vertice Ecofin di questo fine settimana a Bruxelles, che vede riuniti i 27 ministri economici e finanziari della UE, non sta dando i frutti sperati, anche se alla vigilia erano stati gli stessi tedeschi a smorzare gli entusiasmi. L’unico risultato concreto al momento raggiunto sarebbe lo sblocco da parte dell’Europa della sesta tranche di aiuti in favore della Grecia. Atene si sarebbe, quindi, assicurata 5,8 degli 8 miliardi complessivi; per il resto, il Fondo Monetario Internazionale ci vuole vedere chiaro e attende di verificare meglio i conti pubblici ellenici.
Ma lo scontro è su altri punti della crisi nell’Eurozona. Il primo è il Fondo di salvataggio, l’Efsf, che i francesi vorrebbero trasformare in una banca, in modo che possa accedere ai finanziamenti della BCE. La Germania non è per niente d’accordo e, anzi, ne vorrebbe limitare il raggio di azione, ad esempio, come per la ricapitalizzazione delle banche.
Infatti, se si è trovato un accordo sull’entità di nuovi capitali necessari per le banche, pari a 100 miliardi di euro, sono i meccanismi di immissione di tali capitali negli istituti di credito a dividere Parigi da Berlino. Sarkozy vorrebbe che l’Efsf potesse intervenire direttamente, mentre i tedeschi ritengono che il fondo debba essere considerato un prestatore di ultima istanza, una estrema ratio, a cui ricorrere dopo avere sborsato con capitali privati ed eventualmente richiesto capitali agli stati nazionali.
Non ultima, la questione dell'”haircut“. La Merkel spinge per un maggiore coinvolgimento delle banche nel salvataggio della Grecia e chiede di elevare al 50-60% la quota di decurtazione del valore nominale dei bond ellenici. I francesi, al contrario, temono che tutto ciò si possa ripercuotere negativamente sulle loro banche, ergo sul loro rating.
Siamo in alto mare, inutile che ce lo neghiamo. Su tutte, primeggiano le parole del presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, che ha affermato che all’esterno “non siamo un bell’esempio di leadership“. Come dargli torto!