Le aziende italiane cercano, a scopo assunzione, figure flessibili e di rapida scalabilità, in prevalenza liberi professionisti (64 %), laureati e telelavoratori (29 %). Questi sono tipi di contratti flessibili che permettono, anche alle piccole imprese, di assicurarsi una “presenza a basso rischio nei mercati di destinazione” senza l’esigenza di assunzioni onerose o impegni per servizi connessi.
Nonostante i ricavi delle imprese siano in calo (-4 % in 6 mesi per il 21 % delle imprese esaminate), la propensione ad assumere sembrerebbe rimasta stabile, anche se sta concentrandosi su consulenze e telelavoro: il 46 % delle imprese comunica di avere in programma nuove assunzioni nel corso dei prossimi due anni.
Due imprese su tre (64%) hanno rimandato le proprie aspettative di ripresa alla seconda parte del 2012, ma non smettono di investire attivamente nelle risorse umane come valore aggiunto per la propria attività. Sembra proprio che le imprese puntino ad un vantaggio competitivo immediato che garantisca una rapida crescita nei mesi a venire.
Nonostante i vantaggi economici e una precisa regolamentazione contrattuale, la maggioranza delle aziende italiane preferisce ancora sorvegliare i propri dipendenti piuttosto che fidarsi del telelavoro. Sorte diversa ha seguito nel resto d’Europa, dove la flessibilità del telelavoro è a livelli completamente diversi dalla striminzita realtà italiana. Il telelavoro esiste dagli anni Settanta, ha avuto avversa fortuna e forse solo oggi, con la scusa della crisi, sta tornando a rappresentare una strategia che paga.
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