Secondo il FMI nel 2010 la Cina ha raggiunto un PIL nominale pari a 5.475 miliardi di dollari USA, il che significa che per la prima volta la Cina ha spodestato il vicino Giappone, insediandosi al secondo posto tra le maggiori economie del mondo. Questo risultato, tuttavia, è ancora lontano da quello della prima economia mondiale.
Ci sono fonti contrastanti, alcune che parlano di una crescita cinese che potrebbe sorpassare gli USA entro il 2020, ma bisogna sempre tener presente che nel 2010 gli USA hanno raggiunto un PIL nominale di 14.624 miliardi di dollari, perciò è ancora decisamente prematuro pensare che la Cina possa superare anche gli Stati Uniti.
Anche pensando che la crescita annuale del PIL in Cina si attesti al 7,5%, con una crescita media negli USA al +2,5%, la Cina non riuscirà a soppiantare gli Stati Uniti prima del 2030. In ogni caso anche per un paese come la Cina sarà quanto meno difficile riuscire a mantenere un tasso di crescita annuale del +7,5% per i prossimi vent’anni.
Questo è ancora più vero se consideriamo che il modello di crescita cinese, basato ampiamente sulle esportazioni è destinato a diventare “vittima” del suo stesso successo, ciò significa che la chiave del successo cinese per il futuro sarà la trasformazione da economia votata alle esportazioni a economia diretta soprattutto al mercato nazionale. Ciononostante ritengo sia fuor di dubbio che l’importanza relativa della Cina (nel 2010 rappresentava il 9,3% del PIL mondiale) e continuerà a crescere nei prossimi decenni.
La conferma del sorpasso cinese giunge in seguito ai dati registrati negli ultimi mesi del 2010: la Cina, infatti, ha concluso l’anno con un aumento del Pil pari al 10,3% (contro il 9,2% del 2009), un dato superiore alle attese della Banca Mondiale e il più elevato dalla crisi del 2008, mentre il Giappone ha avuto una crescita del 2% e nell’ultimo trimestre 2010 ha registrato una contrazione del Pil pari allo 0,3%.
Il Sol Levante perde così la posizione che occupava dal 1968 sullo scenario mondiale.
Le cause della recessione del Giappone sono molteplici e hanno a che fare, prima di tutto, con la debole situazione politica che si è protratta negli ultimi cinque anni.
Fonte Interprofessional Network – fondiOnline.it
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