Sono stati collocati Bot a 3 mesi ed a 12 mesiI, che sono stati collocati interamente per gli ammontari prefissati, con richieste che hanno sfiorato i 19 miliardi dando prova di una domanda ancora buona, e che la situazione non è poi così brutta come molti vogliono far credere, soprattutto tendo conto delle circostanze.
Purtroppo i rendimenti sono saliti al di là di ogni previsioni. I Buoni annuali sono tornati a rendere il 4,15% e quelli trimestrali, una rarità in asta, sono schizzati all’1,90% mentre lo spread BTp/Bund si allargava nuovamente oltre quota 380 punti. Il mercato si è consolato vedendo l’alta richiesta che ha sfiorato i circa 19 miliardi concentrata sui BoT, strumenti di gestione di tesoreria ideali per banche centrali e fondi monetari, che complessivamente hanno raggiunto un rapporto di copertura, rispetto all’ammontare totale di 11,5 miliardi, di 1,64 volte. Stando a Chiara Manenti, analista di Intesa San Paolo, anche la partecipazione dei risparmiatori privati è stata «buona, soprattutto per il BoT a un anno».
Viste separatamente, però, le due aste non hanno brillato. I Buoni annuali sono stati collocati per 7,5 miliardi contro i 7,7 in scadenza e sono stati richiesti per 11,5 miliardi circa: un rapporto di copertura di 1,53 volte contro le 1,94 volte di agosto, mentre i Buoni a 12 mesi sono stati venduti per 6,5 miliardi e richiesti per 12,64. In quanto al Buono trimestrale, emesso l’ultima volta lo scorso marzo, l’effetto-rarità ha avuto un impatto benefico marginale: contro i 4 miliardi in offerta ne sono stati richiesti 7,4 con un rapporto di copertura di 1,86 volte, di gran lunga inferiore rispetto al collocamento in marzo quando per 3,5 miliardi in offerta ne sono stati domandati 8,4 con un rapporto bid-to-cover di 2,42 volte.
La buona tenuta della domanda in asta è fondamentale di questi tempi. Oltre all’impegno di azzeramento del deficit/Pil, ed al ritorno di un significativo avanzo primario e di taglio del debito/PIL, i mercati alle prese con la crisi del debito sovrano europeo guardano in maniera maniacale alla capacità degli stati di collocare titoli, cioè prendere in prestito il denaro necessario per rimborsare i titoli in scadenza e finanziare il deficit. Aspetto che non è stato deluso anche grazie all’intervento della BCE che rimpolpa gli acquisti sul secondario, quindi l’Italia non ha deluso i mercati.
Sono stati i rendimenti in asta, a far emergere in tutta la sua gravità la sfiducia dei mercati nei confronti dell’andamento dell’economia, dei debiti pubblici e della bassa capacità della classe politica europea e anche italiana di risolvere i pressanti problemi sul tavolo. I BoT annuali, a prezzi molto bassi, sono letteralmente volati sul rendimento lordo del 4,153%, (tasso di assegnazione minimo al 4,08% e massimo al 4,25%), un livello che non si vedeva dall’autunno del 2008. Ma più che i riferimenti al passato, a mettere in risalto l’alto rendimento di questi Buoni annuali è stato ieri il confronto con i nuovi Bu-bill tedeschi a sei mesi, collocati per 3,9 miliardi a un tasso stracciato allo 0,18 per cento. I BoT a tre mesi sono stati venduti all’1,90%, contro l’1,03% di marzo.
Ancora una volta oggi, guardando alla domanda e al rendimento di assegnazione, il mercato valuterà con attenzione l’esito dell’asta del nuovo BTp quinquennale che secondo Chiara Manenti va in offerta «per un importo non esagerato» tra i 3 e i 4 miliardi. Ieri lo spread tra i BTp a dieci anni e i Bund si è allargato fino ai 385 centesimi di punto percentuale: ma ad accrescere le ansie degli addetti ai lavori è stato il gap tra i BTp a due anni e gli Schatz tedeschi salito a 393 punti e superando dunque quello dei decennali, con una curva spread invertita non più tra i cinque e i dieci anni ma tra i due e i dieci anni.
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