La crisi costa posti di lavoro: sembra un’ovvietà, ma è così. Alo stesso modo sembra un’ovvietà dire che alcuni settori sono più penalizzati di altri, e infatti le cifre laconiche confermano come alcune aree dell’economia hanno perso smalto e hanno quindi dovuto provvedere ai licenziamenti nei casi peggiori, alle non-assunzioni di personale in uscita nel migliore.
Per l’edilizia il problema è serio, come sottolinea Massimo Calzoni presidente nazionale Formedil, che si occupa della formazione in quello specifico settore: «in due anni ha bruciato 300mila posti di lavoro, considerando edilizia e settori connessi».
Il presidente poi continua: «La crisi gioca un ruolo chiave. Riducendosi il mercato, si preferisce non assumere. E questo si ripercuote sulle ’16 ore’», cioè sui corsi di formazione obbligatori per i neoassunti, base sulla quale sono stati calcolati i posti di lavoro perduti. «In periodi come quello attuale l’imperativo è contenere i costi. E le spese in formazione sono fra le prime a essere sacrificate».In un settore con una concorrenza spietata come l’edilizia, dove abbonda il nero e il non rispetto delle leggi in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, è un problema «se si dà la possibilità di aggiudicarsi gli appalti con ribassi fino al 50 per cento».
Dai sindacati puntano invece il dito contro il governo: «La natura della crisi avrebbe bisogno di interventi strutturali e anticongiunturali completamente assenti nelle politiche del Governo» ha dichiarato il segretario della Cgil del settore
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