L’Italia è un paese circondato dal mare: dal punto di vista geografico ciò porta a essere considerata una penisola, dal punto di vista economico è uno sbocco naturale l’utilizzo della pesca e dei porti per il commercio. Proprio ai porti è dedicato il rapporto Isfort, (Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti) che mette in evidenze quelle che purtroppo sono le grandi ombre del sistema portuale del nostro paese.
Il problema dell’Italia non sono i porti stessi, ma piuttosto la cronica mancanza di infrastrutture che li colleghino con il resto della nazione e con il resto del continente europeo: il tallone d’Achille è quindi la logistica. Secondo il rapporto quello che servirebbe è «un modello logistico antitetico a quello fortemente concentrato e rivolto alla grande industria di trasformazione, tipico dei porti del Nord Europa».
Il presidente dell’istituto, Giovanni Luciano, ha poi affermato come si tratti di un limite «di una infrastrutturazione di portata non continentale, che si è sviluppata molto al servizio del territorio circostante e spesso si ferma alla Pianura Padana e non “buca” verso l’Europa. Abbiamo una portualità basata sul restrittivo concetto che piccolo è bello. E l’unico grande scalo con fondali capaci di accogliere anche le nuove enormi portacontainer, Gioia Tauro, è relegato al transhipment per mancanza di collegamenti adeguati».
Il presidente di Assoporti però è di tutt’altra opinione: «le merci non containerizzate sono il 70% di quelle che entrano in Italia ed è positivo che vadano su porti distribuiti sul territorio. È in armonia con quanto prevede il Libro bianco della Ue: scali vicini alle destinazioni finali consentono di mettere meno merci sulle strade. Poi, ovviamente, per competere di più col Nord Europa ci vogliono nuove infrastrutture ferroviarie, come il terzo valico, la pontremolese e la Napoli-Bari».
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